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Obesità materna e rischio di infezioni nei bambini. Uno studio evidenzia legami preoccupanti

6 giugno - I risultati, avvertono i ricercatori, sottolineano l’importanza di mantenere un peso corporeo sano sia prima che dopo la gravidanza. Una raccomandazione che assume un peso ancora maggiore se si considera che, secondo le stime, entro il 2030 circa una donna su quattro nel mondo sarà obesa.

I figli di madri con obesità grave - con un indice di massa corporea (BMI) pari o superiore a 35 - presentano un rischio significativamente maggiore di essere ricoverati in ospedale per infezioni. È quanto emerge da un ampio studio di lungo periodo pubblicato sulla rivista open access BMJ Medicine.

I risultati, avvertono i ricercatori, sottolineano l’importanza di mantenere un peso corporeo sano sia prima che dopo la gravidanza. Una raccomandazione che assume un peso ancora maggiore se si considera che, secondo le stime, entro il 2030 circa una donna su quattro nel mondo sarà obesa.

L’obesità è caratterizzata da uno stato di infiammazione cronica che può alterare la risposta immunitaria, modificare l’espressione genica e influenzare negativamente il microbioma intestinale. Tutti fattori che – come spiegano i ricercatori – possono avere un impatto importante e duraturo sulla salute del feto in via di sviluppo.

Finora, tuttavia, gli studi condotti sul possibile legame tra peso materno e infezioni infantili non avevano raggiunto conclusioni univoche, anche a causa della difficoltà di considerare variabili modificabili come l’allattamento, il tipo di parto o l’aumento di peso in gravidanza.

Per fare maggiore chiarezza, i ricercatori hanno analizzato i dati della coorte “Born in Bradford”, uno studio longitudinale che valuta l’impatto di fattori sociali, ambientali e genetici sulla salute di madri e figli. L’analisi ha incluso 9.037 donne che hanno partorito all’ospedale di Bradford (UK) tra il 2007 e il 2010, con dati certi su peso e altezza.

Il campione si distingue per la sua eterogeneità: il 45% delle madri era di origine pakistana, il 40% britannica bianca, e oltre un terzo viveva in aree socioeconomicamente svantaggiate. Circa il 30% delle donne era in sovrappeso e il 26% obesa, tra cui un 10% con obesità grave (BMI ≥ 35).

I ricercatori hanno monitorato 9.540 bambini dalla nascita fino ai 15 anni, registrando oltre 5.000 ricoveri ospedalieri per infezioni. Il 30% dei bambini ha avuto almeno un ricovero, soprattutto durante il primo anno di vita.

I dati mostrano un aumento del tasso di ricoveri in parallelo al BMI materno. In particolare, i figli delle madri con obesità grave presentavano un rischio maggiore del 41% di essere ricoverati per infezione nel primo anno di vita e del 53% tra i 5 e i 15 anni, rispetto ai figli di madri con peso normale.

Le infezioni respiratorie, gastrointestinali e virali multisistemiche rappresentavano la maggior parte dei ricoveri in eccesso. L’associazione era leggermente più marcata nei maschi rispetto alle femmine e nei bambini di origine pakistana rispetto a quelli britannici bianchi.

Lo studio ha anche analizzato alcuni possibili fattori modificabili. Il parto cesareo sembrerebbe spiegare il 21% dell’associazione tra obesità materna e rischio infettivo, mentre l’obesità infantile tra i 4 e i 5 anni ne spiegherebbe il 26%. Al contrario, l’allattamento prolungato e l’aumento di peso durante la gravidanza non hanno mostrato legami significativi.

Pur essendo uno studio osservazionale – e quindi non in grado di stabilire un rapporto diretto di causa-effetto – i ricercatori sottolineano la portata potenziale dei risultati. I dati provengono da un solo ospedale e alcune informazioni (come l’allattamento e il BMI infantile) erano incomplete, ma il messaggio è chiaro. “I risultati del nostro studio – concludono gli autori – evidenziano la necessità di campagne di salute pubblica e di un maggiore supporto per aiutare le donne in età fertile a raggiungere e mantenere un peso corporeo sano.”

Anche se l’effetto osservato riguarda specificamente i casi di obesità grave, il potenziale impatto su scala globale potrebbe essere molto rilevante, in un contesto in cui l’obesità materna è sempre più diffusa.

 

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